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Il ruolo del Marocco nella lotta al terrorismo

di Aziz Errafi

All’inizio degli anni Duemila, vari fattori hanno causato instabilità e mancanza di sicurezza nell’area mediterranea; ad esempio gli attentati alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, gli attentati di Casablanca del 2003 e quelli di Madrid del 2004, solo per citare i fatti più noti. Di conseguenza la lotta contro il terrorismo e l’estremismo islamico è diventata una priorità per gli USA e per i paesi affacciati al mare del Mediterraneo. Il Marocco, come paese nordafricano dotato di una posizione geografica strategica e di risorse vitali molto importanti nella zona, ha dovuto difendere la propria sicurezza assumendo la responsabilità di affrontare tutte le sfide e i rischi che ne minacciano la stabilità.

In questo articolo tratteremo gli sforzi del Regno del Marocco nella lotta al terrorismo, dimostrando la discreta efficacia delle riforme interne ed esterne in materia di sicurezza nel contesto regionale e internazionale. Vedremo anche il ruolo che ha avuto la cooperazione tra il Marocco e l’Unione Europea in materia di sicurezza per realizzare la stabilità e tentare di bloccare le fonti che alimentano l’estremismo islamico, e come il Regno del Marocco sia diventato un partner strategico molto importante, imprescindibile, per affrontare questo tipo di sfida.

Al livello nazionale il 16 maggio 2003 i terribili attentati suicidi a Casablanca causarono 45 vittime. Dopo questi attentati terroristici il Marocco ha adottato diverse misure per affrontare i movimenti violenti estremisti, concentrate principalmente su questioni relative alla sicurezza, alla disuguaglianza socioeconomica e al controllo statale sul settore religioso. Infatti, due settimane dopo gli attacchi, il Parlamento marocchino ha adottato una legge antiterrorismo che ha permesso l’arresto e la condanna di 3.000 persone tra il 2003 e il 20171. Questa nuova legge criminalizza ogni atto terroristico e stabilisce delle sanzioni penali relative ad ogni tipo di crimine. Il primo articolo della nuova legge indica quali reati costituiscono atti di terrorismo:

•             La partecipazione ad un’associazione formata per la preparazione di un atto terroristico;

•             Nascondere consapevolmente un crimine terroristico;

•             L’attacco intenzionale alla vita delle persone o alla loro sicurezza, alle loro libertà, al rapimento o al confinamento delle persone;

•             La distruzione o il deterioramento di spazi pubblici;

•             La fabbricazione, il possesso, il trasporto, la circolazione  o l’uso illegale di armi, esplosivi o munizioni.

Contestualmente, dopo gli attentati del 2003, il re Mohammed VI ha avviato un processo di riforma del sistema religioso, al fine di combattere gli effetti negativi delle dottrine radicali associate al wahhabismo e al salafismo. L’obiettivo era quello di proteggere il Regno dalla diffusione del terrorismo e dell’estremismo violento e preservare la sua identità nazionale in termini di equilibrio, moderazione e tolleranza.

Nel 2004, in qualità di Comandante dei Fedeli, Mohammed VI ha deciso inoltre di riorganizzare il Consiglio Superiore degli Ulema, sottoposto alla sua guida, con l’obiettivo di proteggere il modello religioso marocchino, contrastare la crescita dell’islamismo radicale nella società marocchina e limitare le dottrine che siano incompatibili con il patrimonio culturale del Marocco, come lo sciismo e il wahhabismo. L’Islam ufficiale marocchino si basa infatti sulla scuola legale malikita e sulla dottrina asha’arita.

La riforma riguarda anche l’istruzione: sono stati fondati dei nuovi istituti universitari sotto il controllo del Ministero degli Affari islamici, come la Dar al-Hadith al-Hasaniyya che è un centro di studi islamici dedicato allo studio della tradizione islamica, in collaborazione con l’Istituto di storia del Marocco, l’Istituto di studi coranici, l’Istituto Muhammad VI per laformazione degli Imam e delle guide religiose e la scuola di scienze islamiche di Casablanca. Nel 2009, è stata creata una nuova istituzione, detta Râbita Muhammadiyya li-l-‘Ulamâ (La Lega Muhammadiana degli Ulema), che si pone come una sorta di think -tank del Ministero degliAffari religiosi che mira ad approfondire le questioni legate alla religione e a promuovere un islam aperto e non radicale che riflette il profilo dei nuovi esperti di scienze religiose.

Per fronteggiare i movimenti terroristici il Marocco ha inoltre adottato una serie di procedure e di politiche di controllo rafforzato contro i predicatori estremisti nelle moschee e i salafiti rimpatriati dall’Afghanistan, puntando soprattutto al controllo delle moschee, dei centri di culto e di educazione coranica.

Nel contesto internazionale, dopo gli attentati terroristici alle Torri Gemelle di New York, l’11 settembre 2001, il Marocco è diventato oggetto di interesse sia per l’Unione Europea che per gli Stati Uniti nel contesto della sicurezza e della lotta al terrorismo, grazie alla sua posizione geografica nel bacino Mediterraneo e la sua prossimità al continente europeo. L’importanza di questo tema risiede nella sua attualità e nella crescente volontà per realizzare la sicurezza nel contesto delle relazioni internazionali contemporanee, data la molteplicità dei rischi per la sicurezza legati agli altri ambiti economici, sociali, politici e culturali. La diffusione di alcune sfide e rischi per la sicurezza transfrontaliera nella regione del Mediterraneo, come il flusso di migranti e rifugiati, e la crescita di movimenti terroristici, in particolare l’ISIS (Islamic State of Iraq and Syria) e le sue estensioni verso l’Ovest mediterraneo che si nutre soprattutto dei conflitti nella regione araba (Iraq, Siria, Libia…), ha fatto sì che L’Unione Europea comprendesse che la cooperazione con i paesi del Mediterraneo meridionale, con il Marocco in particolare, è una delle strategie necessarie per la lotta contro il terrorismo e per garantire la sicurezza regionale.

Si può dire che i rischi per la sicurezza hanno infatti portato al rafforzamento delle relazioni in base all’interesse reciproco, ciascuno secondo le proprie priorità e i propri interessi. Se le fragili condizioni economiche, sociali e politiche del Marocco hanno fatto scommettere più sull’Europa per realizzare i suoi interessi economici e per difendere i suoi interessi vitali in generale, d’altro canto l’Europa – che si è trovata circondata al sud da Stati economicamente fragili e deboli dal punto di vista della sicurezza e delle istituzioni politiche, soprattutto dopo le rivoluzioni della cosiddetta Primavera Araba – ha scommesso sul Marocco, visto che rappresenta un caso eccezionale di stabilità nella regione mediterranea.

Gli USA invece vedono nel Marocco interessi economici e strategici per via delle basi militari statunitensi in Spagna. Il Marocco ha acquisito tanta importanza dopo l’11 settembre grazie al suo sostegno agli Stati Uniti nella guerra contro il terrorismo. Infatti, il 27 ottobre del 2001 il Marocco ha organizzato il Forum euro-mediterraneo ad Agadir, con la partecipazione degli Stati Uniti e di altri paesi del Mediterraneo per discutere i temi connessi alla lotta al terrorismo. Durante questo Forum è stata affermata l’importanza della cooperazione internazionale e regionale per combattere il terrorismo e ostacolare le fonti di finanziamento dei gruppi terroristici.

Per sviluppare la cooperazione bilaterale con gli USA il re Mohammed VI nel 2002 ha effettuato una visita negli Stati Uniti per consolidare i rapporti fra i due paesi. Da un punto di vista politico, gli Stati Uniti hanno espresso soddisfazione soprattutto per lo scambio di informazioni e la formazione di quadri marocchini nel campo della sicurezza.

Dopo la primavera del 2002 la DST (Direzione della Sorveglianza del Territorio) marocchina, che si occupa della raccolta delle informazioni per affrontare le minacce terroristiche a livello nazionale ed internazionale, ha potuto cooperare con i servizi segreti degli Stati Uniti e dell’Unione Europea nella lotta al terrorismo; secondo il Ministero degli esteri britannico questa cooperazione ha portato a smantellare una cellula terroristica di Al-Qaida in Marocco che era destinata a distruggere delle navi nello stretto di Gibilterra – con l’obiettivo di ostacolare i movimenti commerciali e la circolazione internazionale – da parte di tre terroristi che avevano rapporti con il gruppo terroristico summenzionato.

Negli anni Duemila dunque il Marocco ha tentato di aprirsi verso il mondo esterno e rompere le vecchie politiche del re Hassan II. Lo Stato cerca da allora di incrementare un processo di democratizzazione e sviluppo, anche attraverso nuove politiche di riforme interne, e ha puntato anche sulla sua immagine all’estero, sfruttando in qualche modo la questione della lotta al terrorismo.

Il paese ha adottato anche recentemente un insieme di strategie per contrastare il terrorismo attraverso la cooperazione con partner regionali ed internazionali, sapendo che le minacce alla sicurezza poste dai gruppi islamisti estremisti e dalle organizzazioni jihadiste non sono cessate. Gli Stati Uniti hanno creato un Programma di Assistenza Anti-Terrorismo (ATA, Anti-Terrorism Assistance Program) che promuove gli sforzi cooperativi tra le forze dell’ordine statunitensi e quelli delle nazioni partner impegnate in prima linea nella guerra globale al terrorismo comeil Marocco.

La politica del Marocco sembra essersi dimostrata efficace nonostante altri attacchi terroristici siano stati compiuti nel 2007 e nel 2011. Le ripercussioni sono state contenute grazie anche alla stabilità del paese e al rafforzamento dei servizi di sicurezza nel contesto della lotta al terrorismo.

Il Marocco ha potuto inoltre assumere un ruolo di leadership in ambito internazionale e regionale, infatti possiede un forte sistema di sicurezza e intelligence, riconosciuto per la sua efficacia a livello africano, arabo ed europeo, e importanti capacità logistiche e umane, che lo qualificano a svolgere ruoli di primo piano per contenere le sfide alla sicurezza e per contribuire alla realizzazione della pace e della sicurezza internazionale, oltre alla sua capacità di gestire e contenere le crisi nella zona, senza dimenticare il suo contributo alle operazioni di pace delle Nazioni Unite nella gestione delle crisi internazionali.

A livello nazionale, il Marocco ha dimostrato la sua capacità di controllare i rischi per la sua sicurezza e stabilità, soprattutto nel periodo delle rivoluzioni della primavera araba, dove il Marocco, a differenza del resto dei paesi del sud del Mediterraneo, è riuscito a contenere senza problemi l’ondata di proteste che lo ha colpito e a mantenerne la sicurezza e la stabilità.

A livello regionale, il crollo del regime di Gheddafi (20 ottobre 2011) ha causato un’ondata di caos nella regione nordafricana – soprattutto nella regione del Sahel – dove le frontiere libiche sono diventate un luogo centrale per attività illegali come il commercio di armi, terrorismo (soprattutto dopo che lo Stato Islamico è riuscito a controllare alcune regioni libiche), droga, creazione di gruppi armati e gestione della immigrazione clandestina. Tutto ciò era una grave minaccia alla sicurezza dell’Europa e di alcuni paesi nordafricani come il Marocco. Quest’ultimo ha rafforzato il suo sistema di sicurezza promuovendo la sua posizione regionale come barriera di sicurezza per i paesi del Nord Mediterraneo (Europa).

Per quanto riguarda la questione di sicurezza nel Sahel, la crescente espansione dei gruppi terroristici in questa regione, particolarmente in Mali, Burkina Faso, Niger e Nord Nigeria, ha creato una minaccia per la sicurezza interna ed esterna per il confinante regno del Marocco. Il pericolo terroristico ha spinto il Marocco a coordinarsi con i Paesi della regione al fine di incrementare la stabilità e potenziare le opportunità di sviluppo. L’instabilità causata dai conflitti interni, le costanti violenze e la fragile situazione economica hanno reso l’area un rifugio adeguato all’installazione di basi di gruppi armati. La debolezza delle frontiere fra i paesi del Sahel facilita contemporaneamente lo spostamento e lo svolgimento delle operazioni terroristiche che riescono così a controllare meglio i territori sotto il loro dominio. Il Marocco come paese, dotato di esperienze e politiche anti-terrorismo avanzate, sta scommettendo sui paesi Saheliani per raggiungere i suoi obiettivi politici, economici e di sicurezza.

Da un punto di vista politico il Marocco ha cercato di aumentare il numero dei partner africani che supportano la “marocchinità” del Sahara Occidentale, sostenere il dialogo politico interno nei paesi del Sahel africano e rafforzare il soft power del Regno, contenendo le minacce transnazionali come i flussi migratori incontrollati, il traffico di droga, di armi e di persone.

Economicamente, questo ha significato anche la firma di una serie di accordi commerciali con i paesi del Sahel, anche nell’ottica di diversificare i partner economici. Contestualmente, il Marocco ha rafforzato le sue partnership con i paesi dell’area (Sahel) anche in relazione alla implementazione di un approccio culturale, che prevenga i percorsi di radicalizzazione, per combattere l’estremismo religioso.

Il 24 giugno 2021, il Ministro degli Esteri della cooperazione africana e quello dei marocchini risiedenti all’estero, Nasser Bourita e Vladimir Voronkov, sottosegretario generale dell’ufficio antiterrorismo delle Nazioni Unite, hanno partecipato a Rabat alla cerimonia di apertura dell’ufficio delle Nazioni Unite per la lotta al terrorismo e la formazione in Africa. L’apertura in Marocco di questa sede attesta il riconoscimento internazionale dello sforzo marocchino per cooperare e rafforzare le capacità nel campo della lotta contro il terrorismo e realizzare la sicurezza nell’area del Sahel, dove i gruppi terroristici minacciano la sicurezza della zona e quella internazionale. Questo ufficio mira a migliorare le conoscenze e le competenze per la lotta contro il terrorismo degli agenti responsabili del controllo delle frontiere, oltre che a garantire la sicurezza e lo scambio delle informazioni. Secondo Nasser Bourita, l’ufficio ha lo scopo principale di cooperare per affrontare tutte le sfide che minacciano la sicurezza dei Paesi africani.

Il regno del Marocco ha effettuato nuovi passi in avanti per affermare la sua leadership e promuovere la cooperazione regionale. Ha stabilito un accordo con la partecipazione dei Ministri degli Esteri di 19 Stat tra cui Francia, Libia e Mali per la creazione di una struttura comune di addestramento per la sicurezza delle frontiere nelle regioni del Sahel e del Maghreb. Questo accordo ha mostrato gli sforzi del Marocco nelle operazioni di sicurezza e anti-terrorismo in Nord Africa, anzi la sua politica estera si è sviluppata attraverso la firma di altri accordi in materia di lotta al terrorismo.

Un altro tentativo marocchino molto importante nel contesto della lotta al terrorismo è la sua partecipazione al Forum globale antiterrorismo (GCTF) come membro fondatore. Si tratta di un Forum internazionale composto da 30 stati membri, tra i quali alcuni paesi dell’UE, come Francia, Paesi Bassi, Spagna, Germania e Italia. Il GCTF ha l’obiettivo di ridurre le minacce del terrorismo per la popolazione mondiale prevenendo e contrastando le azioni terroristiche e combattendo la radicalizzazione e il reclutamento da parte delle organizzazioni jihadiste.

Ovviamente l’Unione europea fornisce gli strumenti di cooperazione e di coordinamento, più un sostegno finanziario per combattere l’estremismo e il terrorismo. Il lavoro dell’Unione europea al di fuori dei suoi confini è diventato una delle sue principali preoccupazioni, infatti ha aumentato la spesa anti-terrorismo negli ultimi anni, al fine di garantire una migliore cooperazione con i paesi affacciati al Mediterraneo (con il Marocco soprattutto) rafforzando gli organismi dell’UE responsabili della sicurezza e della giustizia, come Europol ed Eurojust. Nel contesto delle relazioni euro-marocchine, il Marocco ha beneficiato di 25 progetti di gemellaggio fra il 2014 e il 2020 nei settori dell’agricoltura e della pesca, dell’ambiente, della finanza, del mercato interno, della salute e della protezione dei consumatori, della giustizia etc. Il Marocco ha inoltre beneficiato di strumenti di assistenza tecnica, di scambio di informazioni e di sostegno per le riforme della pubblica amministrazione: ha ricevuto tutti gli strumenti e finanziamenti per la lotta al terrorismo, soprattutto in tema di sicurezza dell’informazione che garantisce lo scambio di informazioni e dati. Infatti la strategia marocchina per combattere il terrorismo si basa su un approccio globale che include la prevenzione, la riabilitazione, l’eliminazione delle cause scatenanti la radicalizzazione.

Il Marocco gioca un ruolo chiave per frenare i flussi migratori soprattutto per la Spagna, la Francia e l’Italia, per via della sua disponibilità a controllare le frontiere marittime e scambiare le informazioni e i dati personali dei membri della comunità marocchina residente in Europa. La cooperazione in materia di sicurezza tra il Marocco e gli Stati europei è stata ulteriormente incrementata negli ultimi anni, soprattutto dopo gli attacchi terroristici avvenuti in Europa. In primo luogo, la Spagna ha un rapporto “privilegiato” di cooperazione con il Marocco nel campo della sicurezza e della migrazione clandestina, cosa che ha portato ad un lavoro congiunto per smantellare delle cellule terroristiche in alcune città spagnole e marocchine: per esempio l’operazione Farwell che ha spinto i due Paesi a bloccare attentati pianificati da gruppi che avevano rapporti con Daesh a Melilla e Nador nel 26 settembre 2014.

Anche la cooperazione con la Francia in materia di sicurezza ha avuto risultati positivi per i rispettivi governi, infatti le autorità francesi sono riuscite ad arrestare i responsabili dell’attacco terroristico del 13 novembre 2015 al Bataclan di Parigi, dopo che le autorità francesi e belghe avevano chiesto (dal gruppo DST) il sostegno marocchino per svolgere le investigazioni necessarie.

Nel 2017 è stato avviato un accordo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco sullo scambio di dati personali tra l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol) e le autorità marocchine competenti per la lotta contro le forme gravi di criminalità e il terrorismo.

Secondo la Commissione Europea: Il Marocco ha sviluppato una stretta cooperazione bilaterale in materia di lotta al terrorismo con alcuni Stati membri dell’UE, tra cui Spagna e Francia, e smantella regolarmente reti terroristiche. Il Marocco è copresidente del Forum globale antiterrorismo (GCTF) e membro della coalizione internazionale contro il Daesh. Ospita uno dei centri di eccellenza regionali sui rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) finanziati dall’UE.

Anche l’Italia vede il Marocco come un partner di interesse strategico nel contesto degli obiettivi condivisi della creazione di un’area di sicurezza e prosperità nel Mediterraneo,della lotta contro il terrorismo internazionale e la criminalità organizzata e del contrasto all’immigrazione clandestina. Però la cooperazione bilaterale tra i due paesi in materia di sicurezza risale agli anni Ottanta, all’epoca della guerra fra l’Unione Sovietica e i mujāhidīn afghani. Il primo accordo di cooperazione nella lott contro il terrorismo, la criminalità organizzata ed il traffico di droga tra i due paesi risale infatti al 16 gennaio 1987 ed è stato firmato dal Ministero dell’Interno e dell’Informazione marocchino Driss Basri e dal Ministro dell’Interno Oscar Luigi Scalfaro. Nel 1996 un protocollo aggiuntivo all’Accordo precedente tra i due paesi mirava a rafforzare la cooperazione bilaterale nella lotta al terrorismo.

Sia nel 2004 sia nel 2015, le visite diplomatiche hanno confermato la volontà di una sinergia nella lotta anti-terroristica e in altri ambiti strategici tra i due paesi. Infatti la questione della sicurezza regionale, sia nell’area mediterranea sia nel Sahel, è stata sempre un tema centrale nella diplomaziatra i due partner. L’adozione di un Islam moderato marocchino ha conquistato la fiducia italiana nella nuova politica religiosa del Marocco, come attesta l’ultima visita del ministro degli Esteri Di Maio nel 2019.

Da un punto di vista accademico le riforme religiose adottate dal Ministero degli Affari islamici (l’Islam moderato più aperto) hanno permesso al Marocco di rappresentare per l’Italia e per i musulmani italiani un paese modello per la formazione religiosa islamica. Nel 2017 è stato firmato un accordo di cooperazione tra l’Università di Siena e l’Università di Al Qaraouyine di Fès, che favorisce lo scambio di docenti, ricercatori e studenti al fine di promuovere l’internazionalizzazione della ricerca sui temi dell’istruzione, dello sviluppo locale e delle questioni legate all’interculturalità ed alle relazioni interreligiose27. Questo accordo riconosce all’università marocchina una competenza specifica nell’insegnamento delle scienze islamiche. Inoltre le università diSiena e di Arezzo hanno collaborato a strutturare dei corsi di formazione per predicatori musulmani

Nel 2019, l’Università di Padova ha firmato un accordo con 22 università islamiche tra cui quattro università marocchine: l’Università Internazionale di Rabat, l’Università di Mohammed V di Rabat, l’Università Hassan II di Casablanca e l’Università Moulay Souleiman di beni- Mellal 29 . Questo progetto ha lo scopo di formare imām e murshidāt (guide religiose al femminile) ed è rivolto a coloro che già svolgono il ruolo di guide religiose dentro le moschee, che lavorano nelle organizzazioni sociali e offrono servizi religiosi in scuole, ospedali e carceri. La formazione include varie discipline nel campo delle scienze umane, sociali ed islamiche e tenta di rispondere alle esigenze religiose delle comunità di musulmani in Italia.30 Anche i ministri degli ultimi governi italiani hanno ribadito il partenariato col Marocco, strategico sia per le questioni economiche e commerciali che nelle politiche securitarie e di integrazione culturale.

Le questioni di genere hanno sempre occupato molto spazio sulla scena politica e il re Mohammed VI ha tentato di “onorare la donna religiosamente e culturalmente’’, lasciando spazio alle dotte marocchine. Trentase donne studiose dell’Islam sono state nominate nei consigli scientifici superiori nel 2006 e locali e la predicatrice religiosa Fatuma al-Kabbaj è stata scelta per la prima volta nella storia del paese come membro del Consiglio scientifico supremo. Anche se le attività delle studiose dell’Islam marocchine erano già molto diffuse, seppure in contesti ristretti, era la prima volta che una murshīda religiosa partecipava alle lezioni religiose che gli studiosi islamici svolgono davanti al re in occasione del Ramadan, e questo era l’inizio del cammino verso l’inserimento di altre murshīdāt. Pian piano le guide religiose sono state inserite nelle moschee per aiutare le donne nelle lezioni di alfabetizzazione e di formazione islamica. Fawzia Amnsar è anche divenuta sindaca di Mohammedia nell’ 11 maggio 2012. È una forte indicazione per far capire il significato dell’Islam moderato, orientato verso lo sviluppo economico e culturale, la tolleranza e la pace.

Concludendo si può dire che queste guide religiose, le murshīdāt, diplomate all’istituto per la formazione degli Imam a Rabat, hanno ricevuto sicuramente una formazione che garantisce loro le conoscenze e le capacità adatte, chiare e accurate, per diffondere il pensiero illuminato, nonché la moderazione nei comportamenti sociali e l’influenza positiva sulle persone, attraverso il dialogo, la saggezza, l’esortazione, la discussione di questioni religiose e per aiutare le famiglie a risolvere crisi familiari. L’esperienza marocchina nell’inserimento delle donne nell’inquadrare gli affari religiosi è considerata pionieristica in tutto il mondo arabo e musulmano. Oggi le donne marocchine sono studiose, docenti o guide religiose che contribuiscono a incrementare la consapevolezza religiosa, inquadrare le persone e indirizzarle verso una pratica religiosa moderata, dal punto di vista giurisprudenziale e da quello dei comportamenti pratici, sia a livello familiare che nella vita sociale.




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