radicalismo

Indagine sul radicalismo jihadista in Europa (RSI)

Un viaggio attraverso il fenomeno del radicalismo jihadista in Europa, con voci e prospettive diverse che contribuiscono alla comprensione dei fatti e alla profondità dell’analisi.

Il tragitto tocca una serie di paesi e racconta come affrontano il problema. Dalla ‘forma’ dell’Islam in Occidente all’ideologia jihadista. Dai processi di radicalizzazione alle iniziative di prevenzione. Dal carcere alle periferie francesi. Dal mito dello stato islamico che ‘resiste’, ai foreign fighters di ritorno.

Un lungo reportage in più puntate di Chiara Sulmoni per la Radio e Televisione Svizzera di Lingua Italiana, che raccoglie testimonianze ed esperienze inedite o rilevanti, come quelle ad esempio, del magistrato anti-terrorismo, dell’ex-sostenitore di al-Qaeda, dello scrittore in incognito nelle moschee, della madre dello jihadista, dell’avvocato difensore. Un’analisi approfondita e dettagliata di un fenomeno sociale che inizia prima dell’attacco e che continua dopo le stragi, che cambia costantemente e che coinvolge una fascia sempre più ampia di individui di ogni sesso, età e provenienza, pronti a morire nel nome di un’ideologia violenta che può mettere alla prova sia la religione islamica che i principi della democrazia occidentale.

Non di sola Sharia – battaglia per l’anima dell’Islam (Gran Bretagna)

La Gran Bretagna è un paese piuttosto liberale in fatto di tolleranza dei costumi religiosi. Contemporaneamente, è anche una delle nazioni europee dove la minaccia dell’estremismo di matrice islamista è più forte. Il reportage da Londra propone tre prospettive del dibattito sull’Islam in Occidente, con tutte le sue sfumature. Dalle posizioni di Yasir Qadhi, teologo mussulmano americano incontrato all’IlmFest -‘il festival della conoscenza islamica’- evento annuale per giovani musulmani conservatori in Occidente; a ciò che emerge dalle ricerche di Innes Bowen, giornalista d’inchiesta della BBC che ha tracciato un ritratto delle comunità islamiche nel Regno Unito; per concludere con l’opinione di Sara Khan, attivista recentemente chiamata a dirigere la Commissione contro l’estremismo del governo inglese.

ASCOLTA LA PUNTATA: ‘NON DI SOLA SHARIA – BATTAGLIA PER L’ANIMA DELL’ISLAM’ – trasmessa dal programma ‘Laser’ – RSI Rete Due (30 marzo 2018 – copyright RSI)

Frattura radicale (Gran Bretagna)

I profili degli individui che negli ultimi anni in Europa hanno aderito all’estremismo islamico sono molto diversi fra loro. Piuttosto che sulle vicende personali, è utile soffermarsi sui contesti e sui meccanismi che possono contribuire alla svolta radicale. Il reportage propone alcune prospettive da Londra. Per ciò che concerne la prevenzione, raccoglie l’opinione di un practitioner che racconta quali difficoltà possono esserci nelle relazioni fra chi si muove sul territorio e le istituzioni inglesi.

ASCOLTA LA PUNTATA:  ‘FRATTURA RADICALE’ – trasmessa dal programma ‘Laser’ – RSI Rete Due (26 novembre 2018 – copyright RSI) 

A entrare nel merito della scena britannica sono Raffaello Pantucci, direttore degli studi sulla sicurezza internazionale del Royal United Services Institute (RUSI); Douglas Weeks, ricercatore e consulente specializzato nelle dinamiche della radicalizzazione e Hanif Qadir, ex-militante di al-Qaeda e poi fondatore della ONG Active Change Foundation.

Il radicalismo è uno zoom (Italia)

Le prigioni sono da sempre un terreno fertile per estremismi di ogni genere; oggi sono in cima alla lista dei luoghi sensibili per la diffusione del radicalismo islamico. In Italia nell’ultimo anno i casi sono aumentati del 72% (dati Associazione Antigone).

ASCOLTA LA PUNTATA: ‘IL RADICALISMO È UNO ZOOM’ – trasmessa dal programma ‘Laser’ – RSI Rete Due (6 dicembre 2018 – copyright RSI) 

Nel reportage, Fra’ Ignazio De Francesco, monaco della Piccola Famiglia dell’Annunziata, discute il progetto pilota che ha coordinato al carcere della Dozza a Bologna, e che ha portato ad un interessante dialogo attorno alle costituzioni, mettendo anche in luce per esempio, la difficoltà che alcuni mussulmani possono avere nell’accettare leggi create dagli uomini. L’obiettivo di questa iniziativa di prevenzione, è di confrontarsi produttivamente su queste tematiche. Samad Bannaq, ex-detenuto di origini marocchine spiega invece il contesto difficile dietro le sbarre, dove possono nascere idee radicali o jihadiste. Fra le altre voci raccolte a Bologna, quella di Valeria Collina, la madre di Youssef Zaghba, uno degli attentatori di origine italiana del London Bridge (3 giugno 2017). Con le sue valutazioni sul caso italiano, conclude Stefano Dambruoso, noto magistrato anti-terrorismo co-autore di un disegno di legge per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista che da tempo attende di poter essere adottato.

Radicalismo islamico: pianificare ‘alla svizzera’ (Svizzera)

Se la Confederazione elvetica non è un bersaglio prioritario per lo Stato Islamico o altri gruppi estremisti del medesimo stampo, l’esistenza di connessioni svizzere dentro le reti jihadiste internazionali non è nuova ed è stata dimostrata anche da alcune inchieste internazionali. Secondo i dati ufficiali, i sospetti foreign fighters svizzeri ad aver raggiunto fronti di guerra dal 2001 ad oggi sono 93. Le partenze si sarebbero fermate da oltre un paio d’anni e avere un’idea oggi, dell’ampiezza di quel cono d’ombra che precede la violenza -cioè la radicalizzazione-, rimane un’impresa difficile.

ASCOLTA IL REPORTAGE ‘RADICALISMO ISLAMICO. PIANIFICARE ALLA SVIZZERA’ – trasmesso dal programma ‘Laser’ – RSI Rete Due (11 febbraio 2019 – copyright RSI)  

Il reportage discute alcune caratteristiche svizzere del fenomeno ma comprende anche un ragionamento più ampio attorno ai contesti della radicalizzazione con l’aiuto di tre interlocutori. Fabien Merz, ricercatore e analista che si occupa di jihadismo e terrorismo al Centre for Security Studies del Politecnico di ZurigoElham Manea, professoressa associata di scienze politiche all’Università di Zurigo, specialista di Medio Oriente e Islam politico, e attivista per i diritti umani; Naima Serroukh, impegnata sul territorio con la comunità musulmana, a Bienne (Canton Berna) ha avviato Tasamuh -tolleranza, in arabo- che nel 2015 era la prima iniziativa di prevenzione del suo genere.

Repubblica e Jihad. Reportage dalla Francia

Colpita duramente dal terrorismo di matrice jihadista, è anche il paese europeo che ha ‘fornito’ più combattenti al conflitto siriano – 1’300-. Al di là delle frequenti polemiche attorno alla gestione, da parte delle autorità, di individui segnalati come estremisti che però regolarmente riescono a scivolare tra le maglie della sicurezza, la domanda da porsi è la seguente: cosa mantiene ancora forte il richiamo dello Stato Islamico, dopo la caduta del Califfato?

ASCOLTA IL REPORTAGE ‘REPUBBLICA E JIHAD. IL CASO DELLA FRANCIA’ – trasmesso dal programma ‘Laser’ – RSI Rete Due (25 aprile 2019 – copyright RSI – per avviare, aprire il link e cliccare sull’immagine)

Una risposta l’abbiamo cercata a Parigi, incontrando il giornalista e analista Wassim Nasr che lavora per il canale all-news France24 ed è fra i più attenti conoscitori della scena jihadista internazionale. A lui abbiamo anche chiesto di spiegare il ruolo e l’importanza dell’Europa e dei suoi militanti, nel disegno globale dello Stato Islamico. Per capire le minacce con le quali si confronta la Francia e come la Repubblica abbia affrontato la questione dell’estremismo islamista, ci siamo rivolti a Mark Hecker, esperto di terrorismo e radicalizzazione all’Istituto Francese di Relazioni Internazionali e autore dello studio “137 nuances de terrorisme. Les djihadistes de France face à la justice“. Il reportage continua con una tappa a Saint-Denis, periferia nord di Parigi, da dove sono partiti in molti, per arruolarsi nelle fila dell’ISIS. Qui abbiamo incontrato abitanti e/o attivisti locali –Mamadou Diarra, Jamesy Rabah e Armel Mombouli– che conoscono la realtà della banlieue e raccontano anche come l’estremismo vi si possa insinuare.

Da Theo in poi. Olanda e jihad

Il 2 novembre del 2004 il regista olandese Theo van Gogh, autore di un cortometraggio provocatorio nei confronti di un Islam che condona la violenza contro le donne, viene brutalmente ucciso ad Amsterdam. Questo è l’anno in cui emergono chiari i segnali dell’esistenza e della pericolosità di una scena islamista violenta europea; qualche mese prima, a marzo, avevano avuto luogo anche gli attentati sui treni a Madrid. L’estremista dietro il gesto efferato si muoveva dentro un gruppo di radicalizzati (Hofstad Group). Conoscerne e seguirne la parabola è utile per confrontarsi con ciò che avviene anche nel resto dell’Europa ancora oggi. E l’Olanda, da allora, come si è confrontata con il problema della radicalizzazione?

ASCOLTA IL REPORTAGE ‘DA THEO IN POI. OLANDA E JIHAD’-TRASMESSO DAL PROGRAMMA ‘LASER’ – RSI RETE DUE (9 MAGGIO 2019 – COPYRIGHT RSI – per avviare, aprire il link e cliccare sull’immagine)

Nel reportage, sentiamo l’analisi di Bart Schuurman, ricercatore all’Istituto per la Sicurezza e gli Affari Globali della Leiden University con sede all’Aja, autore del libro ‘Becoming a European Homegrown Jihadist’. Incontriamo poi il giornalista Maarten Zeegers che per tre anni ha frequentato in incognito moschee e cerchie islamiche nelle aree di Schilderswijk e Transvaal, considerate focolai di radicalismo. Nella zona è stata raccolta anche la voce di Itai Cohn, che prova a contrastare questa fama portando i turisti a visitare il quartiere, mentre Peter de Schwamm, che lavora con i ragazzi del posto, spiega la realtà sul territorio. Non solo i Paesi Bassi ma tutta l’Europa è oggi alle prese con riflessioni e interrogativi circa la gestione di un gran numero di radicalizzati, aspiranti jihadisti, reclutatori, simpatizzanti, combattenti negli stadi più diversi del loro percorso. Siamo così stati anche a Rotterdam per discuterne con l’avvocato André Seebregts. Il suo studio è noto per seguire la difesa nei casi legati al terrorismo. Il reportage termina con l’opinione della giornalista Janny Groen, che ci parla della componente femminile nel radicalismo e nella prevenzione. Il ricordo di Theo van Gogh è affidato al suo caro amico e produttore, Gijs van de Westelaken. 

 




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