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NIT: IL ‘ NUOVO TERRORISMO INSURREZIONALE’

DALLA ‘ 5+5 DEFENSE INITIATIVE 2015’ IL CAMBIO DI APPROCCIO ALLA MINACCIA DELLO STATO ISLAMICO

di Claudio Bertolotti, articolo originale pubblicato per ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

Gli attentati di Parigi dello scorso novembre hanno confermato una capacità operativa e di coordinamento molto efficiente da parte dello Stato islamico. La tecnica del commando suicida e la diffusione capillare delle cellule IS ha evidenziato un’evoluzione del terrorismo di marca jihadista: un terrorismo in franchising che influenza sempre più le dinamiche globali.
Nonostante siano sviluppi sotto gli occhi di tutti, manca una definizione condivisa e universale di un nuovo modello di terrorismo e delle sue caratteristiche, anche perché molte variabili dipendono del contesto e dalle diverse conflittualità che ne sono alla base.
A questo proposito la mutabilità della minaccia jihadista è stata approfondita dall’area ‘5+5 Defense Initiative’, che ha proposto un nuovo approccio a partire dalla natura di un terrorismo dinamico e multidimensionale, di cui vanno comprese a pieno le diverse sfaccettature per poter mettere in atto risposte concrete ed efficaci.

Introduzione

A meno di un anno di distanza dall’attacco alla redazione della rivista satirica Charlie Hebdo – era il 7 gennaio 2015 –, il successivo 13 novembre il terrore ha investito nuovamente Parigi, e con essa tutta l’Europa, mediante la condotta di azioni spettacolari.
Un episodio di violenza che, con i suoi 130 morti, e oltre trecento feriti, ha evidenziato una buona capacità operativa e di coordinamento: un esempio di trasferimento di capacità tecnica da un teatro di guerra a un altro. Ma a differenza di quanto avvenuto nei ‘convenzionali’ teatri di guerra – dall’Iraq all’Afghanistan, alla Siria, alla Libia –oggi l’evoluzione di una specifica tecnica di combattimento si è imposta in Europa.
È la tecnica del ‘commando suicida’ inserita in un contesto di urban-warfare contemporaneo in cui combattenti-suicidi sono affiancati e sostenuti da elementi operativi, così come avviene in Afghanistan e in Syraq (teatro operativo tra Siria e Iraq).
Quanto avvenuto è, sul piano sostanziale, uno spartiacque evolutivo del fenomeno terroristico contemporaneo che evidenzia come la diffusione della violenza fondamentalista jihadista, dal Medio Oriente e il Nord Africa, abbia spostato anche in Europa il suo campo di battaglia: è una minaccia reale, conseguenza dell’avanzata neo-jihadista dello Stato islamico (IS/Daesh) in combinazione, – in primis, con le dinamiche conflittuali locali dell’area MENA, – in secondo luogo, con l’aumento di aree territoriali fuori dal controllo degli Stati, spesso falliti, (opportunità primaria di IS/Daesh) e, – infine, con il disagio sociale di una parte della comunità musulmana – sia appartenente all’area MENA (in particolare Tunisia, Libia, e Syraq) sia europea (quest’ultima spesso di seconda, o terza, generazione).
Ma l’e pisodio di Parigi non è più semplicemente ascrivibile al fenomeno del terrorismo convenzionale; bensì si inserisce all’interno di uno scenario di violenza in fase evolutiva e che fonda le sue radici nelle dinamiche conflittuali dell’area grande-mediorientale, con centro di gravità nel Syraq, dove si è imposto l’IS/Daesh dell’autoproclamato califfo Ibrahim Abu Bakr al-Baghdadi; ovvero un proto-Stato teocratico (sunnita), in fase di espansione a livello locale e globale, che si è prefissato l’end state politico di stabilire, da un lato, un califfato islamico all’interno di un’area presidiata e difesa da capacità militari minime e paramilitari e, dall’altro, l’istituzione di un modello di terrorismo insurrezionale in ‘franchising’ basato sul riconoscimento reciproco con altri gruppi di opposizione armata impegnati nel perseguimento di proprie e specifiche agende politiche.
Oggi tale minaccia incombe sull’Europa, ma ancor più sull’area mediterranea, di cui l’Italia è parte sul piano geografico, politico, della
sicurezza, dei rapporti di cooperazioni e delle alleanze; uno spazio geografico e sociale che, divenuta fulcro delle instabili dinamiche internazionali, è anche area d’interesse di IS/Daesh.

Cosa significa ‘terrorismo’?

L’atto del terrorismo può, sul piano sostanziale, influenzare le dinamiche globali, come dimostrato dalle conseguenze degli attacchi contro gli Stati Uniti l’11 settembre 2001. Ma la definizione di ‘terrorismo’, sul piano concettuale, può determinare specifiche risposte e misure di contrasto e avere dirette conseguenze sul piano politico e sociale.
Eppure, si registra l’assenza di un’appropriata e condivisa definizione universale di ‘terrorismo’ poiché le varie organizzazioni, nazionali e
internazionali, e le agenzie dei vari governi hanno differenti definizioni che si basano su proprie esigenze, interessi e priorità.
La difficoltà nella definizione del ‘terrorismo’ si manifesta, sul piano concettuale e giuridico, nella determinazione di uso legittimo della
violenza. Pertanto, la stessa definizione di terrorismo, e dunque l’approccio concettuale, è controversa; gli stessi paesi membri delle
Nazioni Unite non hanno ancora trovato un accordo su una definizione condivisa: ciò rappresenta un significativo ostacolo nell’adozione di misure di contrasto e contenimento che possano essere universalmente riconosciute.
Sul piano sostanziale, i cosiddetti ‘atti di terrorismo’ o ‘terrorismo’ sono spesso manifestazioni tattiche condotte da specifici attori all’interno di una più ampia agenda geo-politica, politica e militare. Ma la tattica, in sé e per sé, dovrebbe essere considerata come una specifica tecnica non – convenzionale e non, invece, ‘terrorismo’ tout court.
Ne deriva che un’accurata e obiettiva definizione del fenomeno avrebbe un maggiore ed efficace impatto nel processo di contrasto al fenomeno stesso.

Ma molti analisti e ricercatori tendono a descrivere il fenomeno del terrorismo utilizzando metodologie appartenenti alle discipline delle

scienze sociali o della psicologia; al contrario, il presente contributo vuole porre l’attenzione sulla mutabilità dello scenario strategico, all’interno del quale il fenomeno della violenza contemporanea si sviluppa, affrontandolo per quello che è nella sostanza: una tattica militare finalizzata al raggiungimento dei meso-obiettivi operativi e del macro-obiettivo strategico.
Ciò in considerazione di due fattori.

Il primo. Negli ultimi anni gli attacchi non-convenzionali (il cd. ‘terrorismo’) sono divenuti un’importante tattica sui contemporanei campi

di battaglia; per cui si rende necessario comprendere il fenomeno nel contesto conflittuale in cui si sviluppa.
Il secondo. Nel corso degli ultimi decenni, numerosi studi hanno descritto come le conflittualità siano mutate, supportando l’accademia nell’opera di comprensione e descrizione del fenomeno.
Si ritiene pertanto necessario riconoscere che il moderno terrorismo è un «metodo operativo che può trovare applicazione all’interno di una vasta gamma di strategie, inclusa la strategia insurrezionale».
Infine, riconoscendo che né la Comunità internazionale, né il mondo accademico possano trovare un punto di incontro nella definizione generale di ‘terrorismo’, questo contributo di pensiero parte da una differente prospettiva sui diversi approcci al concetto stesso collocandolo all’interno di una nuova categoria, per sua natura mutabile: il “Nuovo Terrorismo Insurrezionale – New Insurrectional Terrorism” (NIT).

L’innovazione concettuale proposta dalla “5+5 Defense Initiative 2015”

Il Nuovo Terrorismo Insurrezionale (NIT – New Insurrectional Terrorism) è l’approccio concettuale al terrorismo contemporaneo
proposto ufficialmente nel 2015, attraverso il contributo dell’Autore di questa analisi, dal gruppo di ricerca internazionale della ‘5+5
Defense Initiative’ – l’iniziativa di difesa intergovernativa per la sicurezza del Mediterraneo occidentale, di cui fanno parte Italia, Mauritania, Marocco, Libia, Algeria, Tunisia, Malta, Francia, Spagna, Portogallo.

Considerazioni sulla mutabilità della minaccia: il NIT

All’interno dell’area ‘5+5’, in particolare il Nord Africa, lo spettro del terrorismo è presente da tempo e nessuno Stato è scampato ai suoi effetti.
Quest’area è stata un hot-spot di «terrorismo domestico» ed è, al momento, una delle principali fonti del cd. «terrorismo internazionale» e della recente evoluzione di una minaccia in fase di espansione dall’area mediorientale, agevolata dall’assenza di sicurezza conseguente al deficit di quella sovranità nazionale essenziale per la sicurezza collettiva.
Nello specifico, in relazione all’espansione della violenza dal Medio Oriente all’area mediterranea – con esplicito riferimento a IS/Daesh –
non è opportuno considerarla come manifestazione del classico concetto di terrorismo, bensì essa deve essere analizzata e affrontata come una differente forma di minaccia insurrezionale alimentata da vecchie, nuove ed emergenti dinamiche la cui natura è transnazionale, o denazionalizzata, connessa con altri fenomeni insurrezionali, gruppi di opposizione armata locali e criminalità organizzata transnazionale.
Inoltre, il NIT non è finalizzato a destabilizzare un singolo Stato, o governo, all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, ma è
orientato alla rimozione dell’intero complesso di governi, istituzioni, paesi, o confini statali e con essi lo stesso trattato di Sykes-Picot che un secolo fa portò alla definizione dell’area MENA così come oggi la conosciamo.
Questa la definizione teorica del NIT codificata dall’autore del presente contributo:
Il Nuovo Terrorismo Insurrezionale è l’utilizzo, o la minaccia di utilizzo, intenzionale, calcolato, razionale e auto-giustificato della violenza al fine di perseguire obiettivi politici, religiosi e ideologici.
Dieci importanti elementi lo caratterizzano:
1. L’essenza dell’azione è l’utilizzo, o la minaccia di utilizzo, della violenza.
2. Il fine dell’azione è politico.
3. È rivoluzionario, sovversivo e finalizzato all’instaurazione di un modello proto-statale.
4. Ha (o può avere) il relativo monopolio della forza all’interno di un’area territoriale definita.
5. Comprende aspetti politici, socio-economici e religiosi.
6. Ha iniziale natura di fenomeno.
7. È «stra-ttico»: la natura strategica è espressa attraverso azioni tattiche non necessariamente interconnesse tra di loro.
8. È «glo-cale, transnazionale, senza frontiere e basato sul principio della «flex-adaptability».
9. Il campo di battaglia è triplice: reale (convenzionale e asimmetrico), virtuale (Info-ops, propaganda Web), e cibernetico.
10. I target sono sia non-combattenti sia combattenti: politici, militari, religiosi e simbolici, ecc.
Il NIT, in sintesi, è la manifestazione contemporanea di un fenomeno che si pone all’interno di uno scenario di conflittualità globale, transnazionale e ‘denazionali zzata’ attraverso definite finalità politiche: abbattimento di stati e governi dell’area mediorientale, destabilizzazione del sistema delle Relazioni internazionali, revisione delle regole sociali, imposizione di un nuovo modello di riferimento (il califfato) e l’abbattimento delle alternative a esso.
La natura del NIT non è di tipo unitario, bensì è dinamico e multidimensionale; e IS/Daesh è il campione di riferimento di questo nuovo fenomeno.



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